L’origine del termine “Secoroncìcola”

Francesco Eligi ha chiesto su Facebook di fare luce su uno dei termini più difficili da spiegare del dialetto corcumellano. Credo in tutta onestà che dirlo su un ambiente come Facebook per me possa risultare un po’ fuori luogo, sia perché non sono abituato ad usarlo, sia perché l’argomentazione del discorso pretenderebbe pagine e pagine di spiegazioni, anziché poche righe contorte. Proprio per tale motivo, anche per non ammorbare quegli iscritti al gruppo che non vogliono sorbirsi la solfa della spiegazione – tuttavia necessaria – ho deciso di rispondere su questo spazio. Ci tengo a precisare che questa mia decisione non ha alcuna finalità pubblicitaria, né didattica: mi rendo semplicemente conto che molte persone potrebbero trovare l’argomentazione noiosa e poco adeguata alla dialettica telegrafica di Facebook; ed è per questo che rispondo su Corcumello Village cercando allo stesso modo di essere più chiaro e conciso possibile.

Premetto che la radice del termine è incerta. Il termine secoroncìcola, ad ogni modo, mi affascina per due aspetti: il primo fa capo all’ambito fonologico, in cui si naviga a vista, perché indubbiamente rimane arduo accertare l’etimo del vocabolo; il secondo riguarda invece la ricerca e l’analisi di quelle che i linguisti con una parolaccia chiamano isoglosse, e cioè dei “confini geografici di utilizzo” dei diversi termini che esprimano lo stesso significato (nel caso nostro “lucertola” come viene detto a Magliano, Tagliacozzo, etc.) e che comunque appartengano alla stessa area linguistica (dialetto “marsicano”).
Ma veniamo a secoroncìcola: credo che una base etimologica plausibile possa ricondursi al termine greco sàura = ita. lucertola (cfr. dino-sauro, bronto-sauro etc..) e, nella fattispecie, ad un supposto attributo denominale neutro saurikón (> lat. *sauricum). Prendendo le mosse da *sauricum (che scrivo con asterisco perché attestato anche in altri dialetti dell’Italia meridionale soltanto come radice), partiamo da una base del suo diminutivo *SAURICUM(C)ICULA(M). Ovviamente è facile capire che molti diminutivi femminili latini hanno il suffisso in “-(i)cula” oppure “-ula”. Ad es: lat. pellis (ita. pelle), diminutivo lat. pellicula (letteralmente ita. ‘pellicina, piccola pelle’). Peraltro sembra che i termini adoperati in Italia per designare la lucertola abbiano assunto un po’ dappertutto forme diminutivali: l’italiano lucertola (< lat. medievale lacertulam) è esso stesso un diminutivo del latino classico lacerta con l’aggiunta del suffisso diminutivo ‘-ula’. Da *SAURICUMCICULA(M) inizia il ‘calvario’ dei fenomeni che possono spiegare l’evoluzione del termine, comunque attestati e garantiti nel dialetto corcumellano:

  1. Monottongazione del dittongo ‘AU’ in ‘O’ per cui > *SORICOMCICULA (cfr. lat. paucum > corc. póco; lat. aurum > corc. òro; etc.) fenomeno linguistico sicuro e diffusissimo anche in italiano.
  2. Metatesi sillabica e assimilazione vocalica (scambio e confusione delle sillabe -RICO- in > -CORI-, più allineamento del suono ‘O’), per cui > *SOCORONCICOLA. Confronta metatesi corcumellana (ben attestata): ita. animale > corc. alimano; ita. comprare > corc. crombà; ita. corniòlo > corc. crugnàlo; ita. capra > corc. crapa; etc. Confronta anche il fenomeno dell’assimilazione: ita. papavero > corc. papàmbaro; ita. selvatico > corc. sarvàtico; così come pure dal lat. calculus (pietruzza, sassolino) > corc. càcalo (il romanesco ad es. non assimila e crea l’esito più regolare càccola).
  3. Dissimilazione per reiterazione vocalica contigua (le tre -o- consecutive vengono avvertite dal parlante come cacofoniche e si dissimilano) per cui da *SOCORONCICOLA > SECORONCICOLA (la dissimilazione è un fenomeno ancora in corso nel corcumellano anche tra due sole vocali: lat. vicinum > corc. = vecino; lat. civilem > corc. cevìle; ita. lampadario > corc. lambedàrio; ita. astrologo > corc. ‘stròlico. Ma non tutti i termini lo hanno ancora subito: lat. margaritam non subisce la dissimilazione, conservando nel corcumellano il vocalismo originario margarita (e non come l’italiano che invece dissimila in margherita).

Se si pensa alla diffusione esplosiva delle forme derivate dalla base latina del termine LACERTA, individuabile già nei centri limitrofi a Corcumello, si è obbligati a riconoscere che l’attestazione del termine secoroncìcola contribuisce a delineare lo status fortemente conservativo e arcaico del dialetto corcumellano. Sebbene non sia da escludere un utilizzo del termine anche in altre realtà dialettali (tralascerei soncìlica, la forma allotropa adoperata a Villa San Sebastiano, molto probabilmente mutuata dal quella corcumellana e risultante da una sincope più una metatesi finale con evidente confusione del vocalismo), la formazione della glossa secoroncìcola sembra rimanere un unicum, forse da attribuire ad influssi normanni diramatisi dalle aree dialettali meridionali più isolate di matrice greca (penso ad esempio al salentino e/o al calabrese), ove spesso l’etimologia ruota attorno al termine greco sàura/sàuros. Non sarebbe peraltro improbabile ritenere che quest’ultima base possa aver dato luogo al latino SAURICE(M) = ita “topo, sórice, sorcio” e ai suoi derivati, come avviene anche nel corcumellano con il termine sóreca, (questo sì attestato in tutti i dialetti cosiddetti ‘centrali’), da cui potrebbe essersi generata la confusione sillabica ipotizzata al punto 2).

Rimane dunque difficile individuare con certezza in che modo il termine secoroncìcola sia penetrato nell’area marsicana e – di fatto – si sia attestato solo a Corcumello, anche se non va escluso a priori che nell’alta Valle del Liri, zona meridionale rispetto a Corcumello e soprattutto storicamente più isolata, possano attualmente esistere forme simili a quella utilizzata nel dialetto corcumellano.

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