Palmo, canna e coppa: unità di misura agrarie in un catasto del 1753

Interessanti informazioni relative ad antiche unità di misura sono contenute in una delle pagine che compongono un catasto di Corcumello datato al 1753 (Archivio Storico Comunale di Tagliacozzo, cat. V, cl. 6, v.18), dedicato a Carlo III Borbone (forse l’unico Borbone “illuminato”), redatto da Filippo Masci di Corcumello e convalidato dal notaio Antonio Martini di Scurcola Marsicana. Il catasto presenta un certo pregio artistico, perché Filippo Masci esorna le pagine con disegni di buona fattura, con sonetti e proverbi relativi alle attività agricole (composti sia nell’italiano dell’epoca sia in latino). Queste composizioni sono ispirate al concetto aristotelico di arte che imita la natura (ars imitatur naturam) e testimoniano che l’autore possedesse una cultura assai raffinata per l’epoca in cui viveva. Le pagine finali riportano la Collettiva Generale delle once, suddivise in industrie, beni stabili e beni semoventi (animali), attraverso il conteggio delle quali è possibile rilevare un carico fiscale per 43 Capofuochi pertinenti proprio a Corcumello, per 16 a “Villa di Corcumello”; e poi per l’Universitas, per 13 edifici sacri tra Chiese, Monasteri, Cappelle e Luoghi Pii, per 92 “forestieri Laici” e per 19 “forestieri ecclesiastici”. Un curioso disegno – qui pubblicato – rappresenta l’unità di misura del palmo (oscillante, a secondo delle zone, intorno ai 25 centimetri), sottomultiplo della canna. In particolare, almeno stando a quanto riportato dal Masci, per ottenere la misura equivalente a una Canna di Corcumello – tipologia evidentemente famosa e particolare – occorrevano 10 palmi e mezzo Romani, oppure 9 del Regno (di Napoli). Al disegno fa seguito un sonetto, che dovrebbe riferirsi all’equivalenza adottata nelle misurazioni agrarie del Regno di Napoli, per cui 9 palmi fanno una canna e cento canne una coppa.

A QUELLI CHE VOGLIONO MISURARE


Eccovi il palmo che ogni nove ogni ora
forman la Canna al misurar perfetta,
& sia il terren di linea obbliqua ò retta,
Cento canne faran la coppa ancora.
Che in quarti e quinte ella divisa allora:
Nel conteggiar la prova averai perfetta
L’uso di questa poi gran studio merta
Di tutto l’uom col suo saper ancora.
Prattico sia chi vuol misurare,
Che ogn’uno puol errar nel fare il conto,
Se la prova non hà nel numerare.
Usi sempre la mente, penna e ponto,
Con esser tanto esperto in questo affare,
Quanto Archita, e Archimede sempre pronto.

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